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Sales & Retail – Insights, storia e futuro dell’area

A cura di: Elena Carrozzo, Alessia Catalano, Marco De Vincenzi, Anna La Parola, Matteo MarconiMaster in Marketing Management 2019-2020

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Il mondo del Sales & Retail si è da sempre trovato di fronte a una serie di rivoluzioni tecnologiche che ne hanno trasformato radicalmente il panorama; in qualche modo, infatti, appartiene alla natura di questa realtà un confronto costante con le tecnologie e innovazioni del mondo circostante, volto a un costante raffinamento delle dinamiche di vendita.

Nel primo capitolo, al fine di comprendere le origini degli spazi di vendita moderni (dal grande magazzino al supermercato, fino all’ipermarket) e lo svilupparsi del rapporto cliente-venditore, si è scelto di cominciare da una breve storia della disciplina. Questa storia ha ripercorso le tappe principali del Sales & Retail: alla fase del Retail 1.0 appartiene l’origine dei Department Stores, futuri grandi magazzini, destinati ad avvicinare il pubblico a un prodotto più standardizzato, più veloce da acquistare, il cui prezzo è già esposto in vista e a portata di mano; con il Retail 2.0 si inaugura l’età del supermercato moderno, seguito dall’ipermercato; nel caso del Retail 3.0 si parla dell’avvento di Internet e tutte le conseguenze dal punto di vista del tempo e dei costi di consegna. Infine, nella fase del Retail 4.0 si raccontano i possibili sviluppi del digitale, dell’online e offline e delle tecnologie a esso legate. A seguito di un’analisi delle tappe classiche della sua storia si è poi optato per un approccio dialettico; ciò ha permesso di mettere a confronto metodi radicalmente differenti, quali l’outbound e l’inbound sales strategy.

Da questo confronto è diventata sempre più evidente una tendenza, nel corso dell’ultimo secolo, ad avvicinarsi al cliente in maniera più sofisticata, meno ovvia, ma anche più pervasiva. Questo nuovo rapporto fra azienda e cliente – inteso come privilegio, e non diritto, a ottenere i dati del cliente e, eventualmente, a vendergli qualcosa – è stato già esaminato da Seth Godin, ed è l’oggetto delle riflessioni odierne sulle contemporanee strategie di vendita. Il cliente viene insomma corteggiato dall’azienda, che memorizza i suoi gusti e preferenze, al fine di customizzare alla perfezione un’esperienza d’acquisto omnisensoriale.

L’inversione del paradigma prodotto-cliente ha portato i brand a investire sempre più nella customer experience, definita come la somma delle esperienze, emozioni e ricordi che un consumatore ha maturato nella sua interazione con l’azienda in tutte le fasi del processo d’acquisto. Questo tema viene trattato nel secondo capitolo, in cui si sottolinea come l’esperienza memorabile che il brand deve esser capace di offrire risulta sempre più determinante, soprattutto al fine di instaurare con il consumatore un rapporto di fidelizzazione permanente. A questo proposito, per una migliore integrazione tra canali online e offline – la vera chiave di volta per un futuro successo nel mondo del retail – si assiste ad una reinterpretazione dello spazio fisico, attraverso i concetti innovativi di pop-up store e temporary store. Un’interessante testimonianza è rappresentata dal pop-up store inaugurato da Zara dove, tra gli altri, il cliente poteva gestire in loco ordini, resi, sostituzioni, pagare rapidamente attraverso il proprio smartphone in postazioni dedicate e approfittare di specchi intelligenti in grado di mostrare le taglie disponibili e i possibili abbinamenti.

Nel capitolo terzo, in seguito a queste riflessioni e appurato che il marketing di oggi debba necessariamente puntare alla sfera emotiva del consumatore, è stato definito fondamentale che le aziende considerino in primis il percorso di acquisto in tutte le sue fasi. Questo percorso prende il nome di customer journey e inizia con la ricerca da parte del consumatore di un bene o servizio, per il soddisfacimento di un bisogno o desiderio. Le tappe, virtuali o fisiche, di questo viaggio vengono chiamate touch point e rappresentano tutti i punti di contatto in cui il consumatore interagisce con il brand. È in queste situazioni che si costruisce la relazione tra le parti e da cui parte un processo di conoscenza e scoperta reciproca tra azienda/prodotto e consumatore.

Successivamente, si è passati a tratteggiare il concetto di omnicanalità. Andando a ritroso fino ai primi anni ’80, le imprese ancora interagivano con il consumatore attraverso pochi mezzi e con una strategia monocanale: la promozione e la comunicazione di un prodotto potevano avvenire tramite uno spot televisivo, un messaggio radiofonico o un cartellone pubblicitario, e il canale di vendita era sostanzialmente il negozio tradizionale all’interno del quale avveniva l’acquisto e la semplice interazione tra venditore e cliente. Oggi, invece, le aziende hanno capito l’importanza dell’esperienza del consumatore come strategia fondamentale per poter rimanere competitive all’interno di un mercato saturo di prodotti e brand. La strategia multicanale – che sfrutta una molteplicità di strumenti e touch point per attirare e fidelizzare il consumatore – è infatti consolidata e, sempre di più, le strategie aziendali vi si conformano, tanto che si può ritenere quasi un aspetto imprescindibile di ogni approccio di vendita.

Oltre ai nuovi store, la ricerca del Sales & Retail si è concentrata sul flusso decisionale del processo d’acquisto; partendo dall’assunto che le scelte dei consumatori non sempre siano compiute in maniera razionale, gli specialisti hanno iniziato a chiedersi come ripercorrerne le tappe, arrivando a unire studi di marketing e neuroscienze. È questo l’approccio olistico che sta alla base del neuromarketing, nonché l’argomento del capitolo quarto, il cui obiettivo è quello di rispondere alla domanda del come e del perché un consumatore compie determinate scelte durante la fase d’acquisto. L’integrazione fra le due discipline ha aperto nuovi territori d’indagine e si trova ancora all’inizio dell’esplorazione di quelli che, riteniamo, saranno tra gli aspetti più interessanti del futuro del Sales & Retail: a questo scopo nel testo sono riportati alcuni esperimenti che sono risultati di particolare interesse.

Uno di questi esperimenti è quello compiuto da Read Montague nel 2003, il quale riprese un famoso test del 1975 denominato Pepsi Challenge ma con un’unica differenza: in questa circostanza si decise di utilizzare la tecnica dell’fMRI (un particolare tipo di risonanza magnetica in grado di rilevare quali aree cerebrali si attivano durante l’esecuzione di un determinato compito) al fine di analizzare e interpretare i dati ricavati. L’esperimento servì a mostrare che ad influenzare le scelte di un consumatore non fossero tanto le caratteristiche del prodotto in sé, quanto piuttosto l’opinione che egli aveva del marchio (brand perception).

Un’altra applicazione interessante di questo approccio è sicuramente quella che hanno utilizzato El Mawass e Kanjo nella loro ricerca del 2013 dal titolo “A Supermarket Stress Map”. Il loro studio si prefiggeva di indagare, attraverso l’uso di misuratori elettrodermici, quali zone all’interno di un supermercato generavano una più alta dose di stress e tensione nel cliente, in modo tale da poter in seguito migliorarne il design e l’accessibilità. Il neuromarketing rimane, ad oggi, uno strumento estremamente utile alle aziende, dal momento che permette loro di capire più a fondo le preferenze dei consumatori e dare una spiegazione a quelle scelte che il cliente compie ma di cui lui stesso fa fatica a rendere conto.

Da ultimo, si è scelto di ritornare sul concetto del digital nell’epoca del Retail 4.0: esso si caratterizza anche e soprattutto per l’unione, in termini collaborativi, tra store online e offline. Il dialogo tra queste due realtà rappresenta il principale punto di distacco rispetto alla fase precedente; con l’affermazione dell’omnicanalità e la maggiore necessità di una customer experience ottimale, si denota una forte esigenza, da parte di entrambi gli attori presenti nel processo di acquisto (azienda e cliente), di percepire tale esperienza costantemente connessa e priva di interruzioni tra le due dimensioni.

Tale obiettivo è reso possibile dalle tecnologie di frontiera: Internet of things, sistemi di business analytics, realtà aumentata e virtuale, machine learning e intelligenza artificiale. Queste tecnologie hanno la funzione di creare una customer experience personalizzata, attiva e coinvolgente.

A tale scopo vengono attuate alcune delle più note strategie del digital marketing (search engine optimization, content e loyalty marketing e social media marketing) e le strategie di retail marketing (sconti per periodi limitati, gestione feedback, allestimento vetrine accattivanti). Il termine digital trova giustificazione anche nel cambiamento del concetto di store; esso non viene più interpretato come un semplice luogo dove si conclude l’acquisto, ma diventa parte integrante dell’esperienza stessa tramite strumenti come il BOSS (Buy-Online, Ship-to-Store), lo storytelling e diversi apparati digitali come pos mobile, politiche di gamification, Rfid e catalogo digitale.

È probabile che i trend del Sales & Retail siano sempre più guidati dalle tecnologie di frontiera citate in precedenza; si può prevedere l’affermazione prettamente di due fenomeni: la frictionless experience – che garantirà l’iperconnessione tra dimensione online e offline – e lo smarketing, che consiste nell’unione tra le abilità commerciali e di marketing al fine di cogliere quelli che vengono definiti lead qualificati.

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