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Diversity e futuro – Rifugiati e risorse umane

A cura di: Laura Bucceri, Francesco Casalini, Pier Francesco Evangelista, Filippo Fabbri, Francesca Gramigna, Francesco Ranalli – Partecipanti al Master in Risorse Umane e Organizzazione 2019-2020

Scarica il project work completo “Diversity with Refugees”

Trattare tematiche tanto importanti quanto spesso non approfondite nel concreto, ponendosi domande che le rendessero maggiormente tangibili nella realtà aziendale e non: questo è stato l’intento del nostro elaborato. Tracciare un percorso concreto e pratico cercando di evitare di trattare i temi del Diversity Management e Rifugiati in maniera astratta o come slogan.
Il lavoro è stato suddiviso in tre parti: i primi due capitoli sono stati volutamente più teorici per dare una doverosa inquadratura generale alle tematiche di Diversity Management e dell’integrazione lavorativa dei rifugiati, mentre nel terzo ed ultimo capitolo siamo passati dalla teoria alla pratica, grazie a testimonianze di figure professionali con esperienza nel settore di nostro interesse e ad un case history fornitoci da uno dei professionisti intervistati.
Inizialmente non abbiamo né potuto né voluto esimerci dal chiederci cosa significhi il Diversity Management e soprattutto quali possano essere le sue applicazioni nelle realtà aziendali. Il Diversity Management permette di identificare le diversità, di varia natura, per poterle poi coordinare in modo attivo, utilizzarle per promuovere la competitività aziendale e di conseguenza la possibilità di raggiungere il massimo dei risultati tramite la valorizzazione delle risorse umane presenti in azienda.
Questa logica, che pone il capitale umano come una delle fonti principali di successo economico per l’azienda, al pari della tecnologia e del capitale finanziario, porta a pensare alla teoria win-win.
In azienda la logica win-win prevede, oltre a generare interessi reali per l’impresa in termini economici, anche un riconoscimento e valorizzazione delle potenzialità e delle ambizioni dei singoli individui creando un bilanciamento tra il perseguimento degli obiettivi da parte dell’organizzazione e la soddisfazione dei bisogni dei singoli lavoratori.
Il Diversity Management consiste in una programmazione di varie politiche di inclusione, inserite all’interno di un ambito più ampio, ovvero quello che riguarda la responsabilità sociale delle Imprese.
L’inclusione delle diversità porta all’innovazione e al cambiamento dal momento che permette di conoscere e incontrare diversi punti di vista. Andando alla fonte del perché il Diversity Management sia oggi una realtà tanto attuale quanto indispensabile per ogni realtà aziendale, identifichiamo una triade di validi motivi: etici, normativi ed economici.
Per attestare l’attuale consapevolezza sulle tematiche da noi affrontate abbiamo sottopostoun’indagine esplorativa di cinque quesiti ad un campione di 187 soggetti tramite il nostro network di contatti. È emerso che nonostante gli interessati riscontrino la difficile attuazione delle politiche di inclusione dei rifugiati nel contesto aziendale italiano, risultano anche convinti del vantaggio
competitivo che queste pratiche porterebbero alle aziende.
A questo punto, abbiamo concluso il primo capitolo con un paragrafo che ci permettesse di fare da trait d’union tra il tema del Diversity Management, fin qui affrontato, e l’argomento dell’inclusione dei rifugiati. Per fare ciò, abbiamo analizzato i cambiamenti del mercato del lavoro Italiano in relazione ai flussi migratori degli ultimi anni, riscontrando dai dati a disposizione, quanto l’immigrazione sia una risorsa per la crescita economica del Paese, soprattutto considerando anche l’attuale progressivo processo di invecchiamento demografico nazionale e le conseguenti future ripercussioni sul mercato del lavoro.
Il XXI secolo ha segnato l’inizio di un’altra grande ondata di migrazioni forzate. Questa considerazione, già di per sé esplicativa, denota l’importanza di questo fenomeno che è stato oggetto del nostro focus nel secondo capitolo dell’elaborato. Varie sono le cause che portano a tali flussi migratori, le principali sono: guerre ed instabilità, cambiamenti climatici e disuguaglianze di vario genere. Di decisiva importanza, per favorire l’integrazione, risulta essere il lavoro nel suo aspetto sia materiale che simbolico poiché aggiunge all’ aspetto economico l’innescarsi di dinamiche positive a livello individuale e sociale.
Analizzando i risvolti occupazionali, è importante distinguere tra migranti economici e rifugiati/richiedenti asilo. La prima differenza è che mentre i migranti per motivi economici scelgono il paese di destinazione massimizzando le possibilità occupazionali, l’obiettivo dei richiedenti asilo è invece quello di mettere in sicurezza la propria vita e quella dei familiari; le considerazioni di tipo economico, per questa tipologia di stranieri, sono quindi secondarie. Attenta a queste tematiche, l’Unione Europea ha indicato e favorito politiche per promuovere il processo di inclusione sociale.
Tra gli interventi più significativi troviamo il “Partenariato europeo per l’integrazione” il cui obiettivo è quello di fissare i principi fondamentali e gli impegni volti a rafforzare le opportunità di integrazione nel mercato del lavoro dei rifugiati, che soggiornano legalmente nell’UE. Dopo aver analizzato lo status di rifugiato a livello giuridico in Italia, siamo passati all’analisi delle iniziative per l’inclusione
lavorativa nel nostro paese e delle pratiche di valorizzazione di questi ultimi.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), ha sancito l’assegnazione a partire dal 2017 di un riconoscimento alle aziende, alle cooperative e alle organizzazioni che in Italia favoriscono i processi d’integrazione lavorativa dei beneficiari di protezione internazionale, conferendo ogni anno, un logo denominato “Welcome. Working for refugee integration”, che le aziende possono utilizzare nella loro comunicazione.
Col terzo capitolo abbiamo affrontato in maniera meno teorica e più concreta i temi precedenti. Per farlo, abbiamo intervistato alcuni professionisti esperti di queste tematiche. La prima persona intervistata è stata Christian Richmond Nzi, ideatore e creatore dell’applicazione Mygrants. L’intento di questa app è quello di fornire una risposta a un problema concreto poiché, sul mercato, non erano
presenti soluzioni digitali atte a soddisfare le richieste sia dei migranti che degli stakeholders. Attraverso l’informazione ai migranti sui loro diritti e doveri e la loro formazione, l’applicazione si è rivelata funzionale, poiché ha portato all’inserimento in azienda di molti utenti.
Abbiamo poi contattato ed intervistato la dott.ssa Monica Magri, Group HR & Organization Director di Adecco Group, società che si occupa di consulenze e soluzioni HR per il mondo del lavoro.
Considerando l’importanza dell’inserimento in azienda di immigrati e il tema della diversità come leva competitiva, la dottoressa ci ha indicato il caso esplicativo Società Carrefour in cui, a seguito di una richiesta di personale qualificato, è stata operata una formazione specifica ai rifugiati che in tal modo hanno portato un risultato positivo per l’azienda e trovato uno sbocco lavorativo.
La terza ed ultima intervista è sta fatta alla dott.ssa Monia Dardi, Project Manager presso la società Adecco Group per le Pari Opportunità. Ci è stato illustrato il progetto “Safe In”, realizzato da Adecco Group e JPMorgan Chase Foundation, con l’obiettivo di favorire l’inclusione lavorativa di rifugiati.
Infine, la dott.ssa ci ha descritto un progetto di fondamentale importanza, poiché nato in risposta ad una reale problematicità per l’impiego dei rifugiati, il Modelling Employability Process for Refugees (MEP). Gli obiettivi sono: recuperare e riconoscere conoscenze, competenze possedute e/o potenziali ed esperienze pregresse che possano rispondere ad opportunità coerenti e in linea con il profilo posseduto nel paese di provenienza. Infine con Adecco abbiamo avuto accesso ad un Case History sulla storia di Khaled, rifugiato che ha trovato impiego grazie ad Adecco, a testimonianza della riuscita del progetto sostenuto dalla società.
A fronte di un elaborato in cui si è cercato di unire teoria e pratica, l’inclusione in azienda risulta essere un concetto molto più ampio che si pone come obiettivo intraprendere un percorso che riconosca non più politiche di Diversity, bensì politiche di uguaglianza. Una delle maggiori problematiche inerente a tali tematiche riguarda la difficoltà nel riconoscimento dei titoli di studio dei rifugiati, considerando la necessità per quest’ultimi di mantenere le qualifiche e le competenze conseguite nel loro paese di origine. Un altro problema che si riscontra al momento dell’assunzione del rifugiato, riguarda il rapporto costi/benefici.
In un mondo sempre più competitivo e orientato al risultato è necessario creare valore ed essere produttivo ed in questo senso politiche concrete di integrazione, atte a far emergere il potenziale umano degli individui, risultano di fondamentale importanza. Il nostro master ci ha posti nella condizione di toccare con mano il concetto di inclusione in tutte le sue molteplici sfaccettature. La presenza di Anton, immigrato proveniente dalla Palestina ed Amin, rifugiato proveniente dalla Siria, ci ha dato l’opportunità di capire e approfondire il senso delle tematiche di nostro interesse e cogliere spunti molto interessanti su cui riflettere.
In conclusione, le tematiche sul Diversity Management e dei rifugiati sono in crescita in maniera esponenziale, soprattutto per quel che riguarda il “quanto” se ne parla, il che ha fatto sì che siano colmi di una sempre maggiore valenza socio-culturale. Il rischio il non agire nel concreto su temi che fin troppo si prestano ad essere considerati solo dal punto di vista sociale, senza davvero credere in queste persone, né credere nell’ importanza strategica in ambito aziendale.
La consapevolezza della tematica da noi trattate, deve essere solo il primo passo di un percorso che porti concretamente all’ottimizzazione ed al potenziamento del capitale umano in tutte le sue diversità.
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