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Integratori e nutraceutici al servizio della salute

Elaborato di Grazia Giuffrida – Vincitrice Borsa di Studio Master Scienziati in Azienda 2019-2020

L’altro giorno ero al telefono con una mia amica che, tra una chiacchiera e l’altra, mi ha parlato di una pubblicità trovata sui social, la quale promuoveva un magico integratore alimentare che prometteva un dimagrimento facile e veloce. Mi ha detto che questo video era più che esaustivo da un punto di vista scientifico, e nonostante ciò, consapevole del fatto che non esistono rimedi facili per dimagrire, aveva deciso di fare degli approfondimenti su Google relativi ai principali fitoterapici contenuti in questo prodotto. Dapprima ha pensato di ”ricostruire” quel prodotto, comprando su internet le singole componenti dello stesso.
Lo so, la domanda è: perché non ha comprato subito quell’integratore? Perché è scettica e non può fidarsi di una pubblicità trovata sui social. Inoltre i costi erano troppo elevati e l’azienda ”imponeva” una scorta per almeno sei mesi.
Dopo una attenta riflessione, ha deciso di assumere solo una delle sostanze promosse, in quanto tutti e tre i fitoterapici vantavano le stesse caratteristiche e funzioni. Ha quindi scelto di assumere la berberina.

Oltre ad essere promossa come acceleratore del metabolismo, veniva proposta come ottimo rimedio per rafforzare le difese immunitarie e, considerato che lei soffre di costanti raffreddori, ha pensato che rappresentasse il rimedio migliore per le sue necessita.
Individuato l’integratore con il miglior prezzo su Amazon ha deciso di comprarlo e di sperimentarne su se stessa gli effetti benefici, senza tenere in considerazione la possibilità di consultare un esperto per accertarsi di aver fatto la scelta corretta.

Confesso che quando ho chiuso il telefono mi sono posta un bel po’ di domande. Curiosissima di vedere che tipo di benefici apportasse la berberina ho deciso di informarmi, anche io su Google. Ho subito capito che si tratta di un alcaloide isochinolonico, da sempre utilizzato nella medicina cinese come rimedio per la dissenteria. Nel 2004 uno studio ha dimostrato che ha un effetto ipolipemizzante, che effettivamente è un valido sostegno per chi ha valori elevati di colesterolo.
Difatti se nel motore di ricerca si inserisce la keyword berberina, tra i primi siti consigliati c’è endocrinologiaoggi.

Approfondendo la lettura ho scoperto che la berberina presenta un grande limite, ha infatti una scarsa biodisponibilità orale in quanto una volta internalizzata nell’ambiente cellulare, circa il 90% viene subito espulso dai trasportatori ABC. Ha quindi difficoltà a raggiungere adeguate concentrazioni plasmatiche nelle cellule intestinali.
Per questa ragione la strategia migliore per poter beneficiare delle sue proprietà e assumerla contemporaneamente ad un inibitore dei trasportatori ABC, tra i quali il più indicato è la silmarina, la cui azione si concentra esclusivamente a livello intestinale.

Mi sorge quindi un altro dubbio: la mia amica è a conoscenza di queste informazioni?
In generale questi discorsi fatti più e più volte con persone con formazione diversa mi hanno spinto a pormi un quesito: gli integratori alimentari, e più in generale la nutraceutica, fino a che punto possono apportare un vantaggio alla nostra vita?
Partendo da uno scetticismo che mi accompagna da molti anni, ho deciso di fare luce su come è nata la disciplina della nutraceutica e quali sono gli aspetti che spesso vengono ignorati in questo grande mercato che ogni anno cresce a dismisura.
Studi epidemiologici sulla relazione tra abitudini alimentari e rischio di malattia hanno dimostrato che il cibo ha un impatto diretto sulla salute. È generalmente accettato che gli alimenti di origine vegetale esercitano alcuni effetti benefici sulla salute umana, in particolare sulle malattie legate all’invecchiamento, riducendo il rischio di insorgenza di malattie croniche, grazie alla presenza di metaboliti secondari fitochimici che, se ingeriti regolarmente ed in quantità significative con la dieta, sono in grado di esercitare un’ampia gamma di attività biologiche. In base a queste osservazioni, e alla consapevolezza che in correlazione all’allungamento della vita dell’uomo è aumentata l’incidenza di queste malattie, si è fatta spazio la disciplina della nutraceutica (Espin J. C. et al., 2007).

Il termine Nutraceutica nasce dalla fusione dei termini “Nutrizione” e “Farmaceutica”, ed indaga tutti i componenti o i principi attivi degli alimenti con effetti positivi per la salute, la prevenzione e il trattamento delle malattie (Rajasekaran et al., 2008).

Senza dubbio un prodotto di punta del settore della nutraceutica sono gli integratori alimentari, che forniscono una forma concentrata di un presunto agente bioattivo derivato da un alimento presentato in una matrice non alimentare. Questi sono utilizzati allo scopo di migliorare la salute in dosaggi superiori a quelli che potrebbero essere ottenuti normalmente dagli alimenti (Zeisel,1999).
Negli ultimi anni si è assistito ad una notevole sensibilizzazione da parte dei consumatori nei confronti della salute, che ha portato un grande incremento della richiesta di queste molecole e dunque ad una grande crescita del mercato della nutraceutica, che ogni anno lancia sempre più nuovi prodotti, anche grazie alle sempre maggiori raccomandazioni da parte dei medici (Espin J. C. et al., 2007). Tuttavia la Food and Drug Administration (FDA) in America, e l’European Food Safety Authority (EFSA) in Europa, regolano questi prodotti in maniera marcatamente diversa rispetto ai farmaci.

Di fatto l’immissione sul mercato di un integratore alimentare non è ostacolata dalla comprovazione della sua efficacia (Ronis et al., 2018).
Molto spesso gli studi volti a determinare gli effetti, benefici e non, degli integratori danno risultati contrastanti. Ad oggi non sembra esserci alcun consenso scientifico sul fatto che vitamine (Moyer MW., 2014) o altri integratori alimentari abbiano effetti vantaggiosi per la salute, tra cui la prevenzione primaria o secondaria di malattie croniche come malattie cardiovascolari, cancro, declino cognitivo ed effetti sulla mortalità generale, in individui che non hanno deficit nutrizionali (Guallar et al., 2013).

L’assunzione di integratori alimentari è generalmente sicura, ma non del tutto priva di rischi e poiché gli integratori alimentari possono essere introdotti sul mercato senza il supporto di studi clinici, vi è una scarsità di studi sistematici sugli effetti avversi (Ronis et al., 2018). Molte industrie producono e commercializzano nutraceutici, che hanno effetti collaterali, specialmente se consumati in grande quantità, non riportati e/o noti (Rajasekaran et al., 2008).

Generalmente la scelta di arricchire la dieta con uno o più integratori alimentari è presa dal consumatore stesso, e tra gli integratori principalmente utilizzati ci sono multivitaminici e minerali, integratori di calcio e omega-3 (Bailey et al., 2013). Tuttavia, oltre al fatto che i benefici per la salute apportati dagli integratori alimentari siano discutibili, non sempre viene considerato che un rimedio fitoterapico contenente sostanze farmacologicamente attive rappresenti di fatto un farmaco, e come tale, oltre a includere benefici per la salute, include anche effetti avversi. Questo aspetto viene spesso sottovalutato, o addirittura ignorato, dalla maggior parte dei consumatori  (come la mia amica) e degli operatori sanitari, che ritenendo erroneamente che un preparato vegetale sia benefico ed innocuo in quanto naturale, utilizzano in modo inappropriato questi prodotti. Molto spesso, infatti, questi integratori vengono ”auto prescritti” da chi li consuma senza tener conto che presentano una determinata attività farmacologica e tossicologica e che possono interagire con altri farmaci di sintesi, potenziandone o riducendone gli effetti. Inoltre, bisogna considerare che anche quando questi prodotti vengono utilizzati con le modalità più opportune, possono comunque verificarsi reazioni non desiderate, dovute alla cattiva qualità del prodotto utilizzato per la preparazione (Viviani P., 2019).
Oltre a ciò, seppur è noto che la carenza di determinate sostanze (come ad esempio le vitamine) è correlata all’insorgenza di alcune malattie, una dieta sana e ben equilibrata è sufficiente per evitare che tali malattie si manifestino. Infatti l’assunzione di un integratore alimentare dovrebbe essere correlata alla carenza di un determinato micronutriente. Poiché oggi, nei paesi più sviluppati, la carenza di micronutrienti è sempre più rara, la maggior parte dei consumatori di integratori ha in realtà un apporto eccessivo di queste sostanze e, dato che la possibilità di tossicità aumenta con l’aumentare della dose (Mulholland and Benford, 2007), aumenta il rischio che si manifestino degli effetti collaterali sulla salute.

Effettivamente esistono prove di possibili danni basati sul consumo di singole vitamine e minerali in eccesso. Nonostante la tossicità a seguito del consumo di vitamine idrosolubili sia rara, è stato dimostrato che dosi superiori ai 500 mg/die di vitamina B6 determinano fotosensibilità e neurotossicità.

La tossicità più comunemente segnalata è quella associata al consumo eccessivo di vitamine antiossidanti liposolubili supplementari. Studi sui dosaggi di α-tocoferolo, la forma più utilizzata di vitamina E negli integratori alimentari, hanno messo in luce come concentrazioni di 800-1200 mg/die possano causare sanguinamento associato ad azione antipiastrinica, e concentrazioni superiori a 1200 mg/die possano causare dissenteria, debolezza, visione offuscata e disfunzione gonadica. La tossicità è stata anche associata al consumo di vitamina A supplementare e ai suoi precursori (Ronis et al., 2018).
Generalmente i nutraceutici principalmente utilizzati sono quelli che espletano proprietà antiossidanti ed antinfiammatorie, che includono flavonoidi come gli antociani, i flavonoli, i ponifenoli (tra cui il resveratrolo), e le catechine, rispettivamente estratti da bacche, cioccolato fondente, uva rossa e te.

I flavonoidi più studiati sono gli isoflavoni derivati dalla soia, i quali hanno dimostrato di possedere proprietà estrogeniche sia in vitro che in modelli animali. Evidenze scientifiche hanno chiarito che questi isoflavoni sono in grado di determinare ipertrofia uterina e addirittura malformazioni dell’apparato riproduttivo. Inoltre inibiscono la produzione di androgeni, riducono le dimensioni dei testicoli e la fertilità e sembrano indurre la crescita dei tumori estrogeno-dipendenti (Ronis et al., 2018). L’utilizzo di queste sostanze è diventato molto diffuso tra le donne in post-menopausa, come valida alternativa alla terapia ormonale sostitutiva che comporta diversi rischi per la salute. Addirittura, in seguito alla diffusione di queste evidenze, un recente sondaggio ha messo in luce che circa il 42% delle donne in post menopausa fa utilizzo di prodotti a base di soia per le proprietà degli isoflavoni (Mazzanti et al., 2009).

Tuttavia, trattandosi di composti concentrati e purificati, questi possono raggiungere livelli plasmatici molto più elevati rispetto a quando gli isoflavoni vengono assunti con la dieta. Difatti, in seguito all’assunzione di questi integratori, sono stati segnalati numerosi casi di endometriosi, e considerata la loro estrogenicità, non si può escludere che il rischio di tumori estrogeni-sensibili aumenti (Mahady et al., 2003).
Altri studi hanno dimostrato che, i metaboliti dell’EGCG  (epigallocatechina gallato), componenti polifenolici del tè verde, tipicamente considerati responsabili delle proprietà antiossidanti di questa pianta, potrebbero essere coinvolti nell’aumento dello stress ossidativo ed inoltre sono stati associati a danno epatico (Mazzanti et al., 2009).

Recentemente ci sono stati numerosi riscontri relativi agli effetti dannosi per la salute associati all’utilizzo di integratori alimentari e in Italia le testate dei giornali hanno riportato la seguente notizia: “Salgono a 9 i casi di epatite correlati ad integratori alimentari a base di curcuma. Sospendere consumo”. Il ministero della Salute ha invitato tutti i consumatori di questi integratori alimentari a sospenderne temporaneamente l’assunzione, a titolo precauzionale, finché non si accertino le cause scatenanti dell’epatite. Al 9 Giugno 2019 i casi di epatite sono saliti a 19 e gli integratori da evitare sono già 16, ma sono sicuramente destinati ad aumentare.

Alla luce di questi fatti, sembra naturale che l’attenzione nei confronti dei potenziali effetti collaterali degli integratori diventi un fattore di primaria importanza, visto che la loro funzione dovrebbe essere quella di migliorare e tutelare il benessere del consumatore, escludendo qualsiasi grave conseguenza medica.
Al fine di monitorare gli eventi avversi conseguiti dall’utilizzo dei prodotti fitoterapici, l’Istituto Superiore di Sanità ha istituito in Italia un organo deputato alla fitovigilanza di queste sostanze. Nonostante ciò, risulta ancora molto difficile stimare i danni provocati dall’uso di queste molecole, poiché non ne è prevista la prescrizione medica e ciò comporta una mancata associazione con un’eventuale controindicazione al fitoterapico (Viviani P., 2019).

Gli approfondimenti che ho fatto finora hanno chiarito parte dei miei dubbi riguardo l’efficacia e la sicurezza di queste molecole. Allora mi chiedo, per quale motivo il consumatore medio non tiene conto di questi aspetti? Quando la mia amica mi ha detto che il video che ha attirato la sua attenzione era scientificamente valido, cosa intendeva? Secondo quali basi ha potuto fare un’affermazione simile?

Sicuramente oggi il problema non risiede nel commercio libero di queste molecole, piuttosto nell’assenza di figure in grado di istruire il consumatore nella scelta del prodotto più idoneo per le sue necessità. In assenza di una guida, l’unica soluzione del consumatore è affidarsi ai messaggi promozionali, ingannevoli e non, delle aziende produttrici, oppure alle informazioni presenti in rete, prescindendo dalla fonte. Ciò che risulta di primaria importanza è trovare la giusta strategia per sensibilizzare i fruitori riguardo i potenziali effetti avversi di queste sostanze, perché naturale non vuol dire innocuo.

Certamente, ogni consumatore dovrebbe informarsi prima di coinvolgere queste sostanze nel proprio regime alimentare, ma consultando letteratura aggiornata e affidabile. Purtroppo non sempre questo è fattibile, anche solo perché non si sa discernere tra ciò che è attendibile e ciò che non lo è.

In questo contesto, in cui il consumatore ha libera scelta, il medico, che dovrebbe essere ed è il primo divulgatore scientifico, ha il dovere di chiedere informazioni ai propri pazienti circa l’assunzione di integratori, al fine da poterne consigliare un corretto utilizzo e fornire le giuste cure mediche.

BIBLIOGRAFIA

  • Bailey, R.L., Gahche, J.J., Miller, P.E., Thomas, P.R., and Dwyer, J.T. (2013). Why US adults use dietary supplements. JAMA Intern. Med. 173, 355.361.
  • Espin J.C., Garcia-Conesa M.T., Tomais-Barberain F.A. (2007). Nutraceuticals: Facts and fiction. Phytochemistry. 68, 2986.3008.
  • Guallar, E., Stranges, S., Mulrow, C., Appel, L.J., and Miller, E.R. (2013). Enough is enough: Stop wasting money on vitamin and mineral supplements. Ann. Intern. Med. 159, 850.851.
  • Mahady, G.B., Parrot, J., Lee, C., Yun, G.S., and Dan, A. (2003). Botanical dietary supplement use in peri- and postmenopausal women. Menopause N. Y. N 10, 65.72.
  • Mazzanti, G., Menniti-Ippolito, F., Moro, P.A., Cassetti, F., Raschetti, R., Santuccio, C., and Mastrangelo, S. (2009).
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  • J. Clin. Nutr. 85, 318S-322S.
  • Rajasekaran, A., Sivagnanam, G., and Xavier, R. (2008). Nutraceuticals as therapeutic agents: A Review. Research J. Pharm. and Tech. 1(4), 328-340.
  • Ronis, M.J.J., Pedersen, K.B., and Watt, J. (2018). ADVERSE EFFECTS OF NUTRACEUTICALS AND DIETARY SUPPLEMENTS. Annu. Rev. Pharmacol. Toxicol. 58, 583.601.
  • Viviani P. (2019). Interazioni tra fitoterapici e farmaci convenzionale. Il giornale dei biologi. 4, 80-88.
  • Zeisel S.H., (1999). Regulation of Nutraceuticals. Science. 285, 185-186
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Grazia Giuffrida

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