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Esercizi di Storytelling al Master Scienziati in Azienda: Didone ed Enea

I partecipanti del Master Scienziati in Azienda hanno realizzato come esercizio di storytelling e public speaking un video e un articolo relativo ad un personaggio della mitologia greca attualizzato.

Il gruppo composto da Matteo Giustiniani, Barbara Magri, Silvia Napolitano, Angela Silvestro, Maria Rosa Todeschi ha lavorato su Didone ed Enea.

 

 

I racconti della mitologia greca sono spesso forzati da circostanze inspiegabili e difficili alla comprensione razionale dell’era moderna, ma un aspetto accomuna tutti i personaggi di queste arcaiche storie: il sentimento che combatte con la razionalità. Didone nel mito è un chiaro esempio di questa contrapposizione: regina sagace e stratega, donna fragile ed emotiva. Ecco come la sua storia si rispecchia nella società odierna.

 

Didone imprenditrice di successo 

Il racconto mitologico narra la storia della principessa fenicia che, fuggita dalla città di Tiro per la morte del marito Sicheo, approdò in Libia dove regnava re Iarba, qui sfoggiò tutta la sua astuzia. Con un ingegnoso stratagemma, s’impadronì di un vasto territorio, dove fondò Cartagine, uno dei più prosperosi imperi dell’antica Grecia. Anche se distante nel tempo, il mito di Didone può essere paragonato a tante storie di giovani imprenditrici italiane che, con poche risorse e tantissima intelligenza, sono riuscite a creare il loro piccolo impero proprio come fece l’eroina descritta da Virgilio. Le imprese femminili in Italia crescono decisamente di più della media nazionale, secondo un’indagine Doxa per Groupon, realizzata su un campione di circa 800 imprese femminili: Il 46% delle titolari sono donne che hanno meno di 40 anni, il 30% di loro ha una laurea, più del doppio rispetto alla media nazionale (18,9% dato Istat al 31/12/2014) e il 58% è anche mamma. Anche Didone, con poche risorse, riuscì ad affermarsi nella sua nuova vita. Grazie al suo ingegno vinse la sfida del re libico Iarba che le promise una regione tanto vasta quanto una pelle di toro potesse racchiuderne. Allora Didone tagliò la pelle in listarelle sottili, le dispose a forma di semicerchio in modo da racchiudere la maggior area possibile. Su questo territorio la nuova regina fondò Cartagine. Come la nostra eroina, tante giovani ragazze italiane, che rientrano tra le migliori 100 imprenditrici a livello europeo, hanno fondato i loro imperi con delle “pelli di toro” rappresentate da delle idee semplici ed efficaci.

 

Il suicidio dell’imprenditrice Didone 

Enea, l’eroe troiano fuggito dopo la caduta della sua città natale, trovò rifugio presso Didone e tra i due nacque l’amore. L’ambizione di Enea però lo rese cieco di fronte al sentimento. Inaspettatamente abbandonò la regina per inseguire il suo sogno di gloria, costruire il più grandioso impero al mondo: l’Impero Romano di cui divenne il progenitore. Enea si dimostrò cinico e privo di umanità, egli non considerò la sofferenza di Didone.  Ciò l’ha portata a prendere la peggiore delle decisioni, il completo annullamento della sua persona. Gli stessi sentimenti si riflettono in quegli imprenditori che in una situazione critica si sentono abbandonati a loro stessi. E anche questa volta l’abbandono spinge alla negazione di ogni responsabilità, il suicidio, sempre più spesso.  La crisi economica che stiamo subendo in questi anni sta richiedendo agli imprenditori italiani un impegno sempre maggiore in termini economici, fisici e personali. I fallimenti ormai fanno parte della nostra quotidianità, se ne contano fino a 35 al giorno. Ogni due ore in Italia muoiono 3 imprese: 5334, per la precisione, 284 in più (+5,6%) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno come riferisce Unioncamere. Le statistiche parlano chiaro, da un’indagine di LinkLab è emerso che dal 2012 al 2016 si sono verificati 313 suicidi di imprenditori che rappresentano una grossa fetta dei suicidi legati alla crisi economica, il 44,1%. I dati degli ultimi anni sono più incoraggianti dai 53 suicidi di imprenditori del 2015 si è passati a 28 casi nel 2016. Compito della nostra industria quindi è modernizzarsi ed innovare, crescere ed affermarsi sempre di più eventualmente cambiando paradigmi culturali e industriali. Ma comunque non basta, il futuro non dipende più solo dagli industriali e dalle loro eventuali lungimiranti scelte. Ma di chi è la colpa di tutto ciò?

 

Enea, lo Stato che abbandona Didone 

Lo Stato Italiano dei giorni d’oggi, impersonificato in Enea, dimostra altrettanta indifferenza e freddezza nei confronti delle attività imprenditoriali. La politica attuale non si preoccupa di sostenere i sempre più numerosi imprenditori strozzati dalla crisi economica. Durante la fase critica degli ultimi anni l’Italia ha già perso il 15% del suo potenziale produttivo. Divengono urgenti dei radicali cambiamenti di sistema: dalla riduzione della pressione fiscale, alla riforma radicale della burocrazia. In materia di tasse sulle imprese, l’Italia appare ancora lontana dal resto del mondo. Il divario è a sfavore delle nostre aziende che pagano più tasse rispetto alle concorrenti straniere. Un altro fattore che pesantemente incide sulla ripresa del settore imprenditoriale è legato alla prolissa burocrazia italiana. I dati di un’indagine Ue sulla qualità della Pubblica amministrazione nazionale ci ritengono decisamente indietro. A farne le spese è una gran fascia di imprenditori sempre più in difficoltà in questo periodo di crisi economica. Ma come si può evitare di cadere nel baratro?

 

L’imprenditrice Didone ricomincia 

Nella mitologica figura di Didone come imprenditrice forte e di grande ingegno che andiamo delineando, quali sarebbero state le sorti di Cartagine se la sua regina avesse saputo superare la crisi subita? Come può un imprenditore risollevarsi dopo un fallimento? Anche se sembra un ostacolo invalicabile è necessario saper separare le ragioni economiche dal sentimento. Ogni impresa fisiologicamente ha un inizio e una fine, ma il termine dell’attività non coincide con la fine per l’imprenditore poiché la colpa di ciò è da attribuirsi anche al momento storico-economico in cui viviamo. Senza gli errori commessi in passato non sarebbe possibile il progresso. Non è pensabile infatti creare un’azienda di successo senza mai sbagliare. Molti uomini e donne affermati negli Stati Uniti e nel mondo sono riusciti a creare le loro grandi imprese milionarie a seguito di pesanti fallimenti precedenti “Dopo il fallimento si devono cercare nuove opportunità” dichiarava al Corriere della Sera. Il fallimento dunque… non è una tragedia. Chiunque abbia conosciuto la sofferenza dell’abbandono o del fallimento come Didone, si può ritrovare senza dubbio in qualcuna delle situazioni qui descritte e giungere alla conclusione che in fondo, nel dolore, tutti un po’ ci assomigliamo, regine, eroi in fuga, divinità, mortali o semplici uomini e semplici donne ma ciò che conta è rimontare in sella e partire per una nuova avventura.

 

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Matteo Giustiniani

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