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Carlo Cottarelli: alla scoperta dei 7 peccati capitali dell’economia italiana

Articolo a cura di: Laura FigusMaster in Marketing Management, Antonino Lo Giudice, Lorenzo Di MeoMaster in Risorse Umane e Organizzazione

Il 6 Marzo 2019, presso la Fondazione ISTUD, abbiamo avuto l’onore e il piacere di ospitare Carlo Cottarelli – direttore del Nuovo Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano.
Un’aula ricca di studenti, ospiti e Direttori dell’Istituto. Nell’aria tanta emozione, curiosità e stima per un personaggio di tale rilevanza.
Per anni protagonista del Fondo Monetario Internazionale, Carlo Cottarelli lo scorso anno ha ricevuto l’incarico di formare un governo tecnico dal presidente Mattarella, rimesso poi a favore del governo politico attualmente presieduto dal Premier Conte.

Carlo cottarelli testimonianza ai Master ISTUD 2018-2019Conosciuto per aver guidato la spending review durante i governi di Enrico Letta e Matteo Renzi, negli anni ha deciso di intraprendere la scrittura di un libro finalizzato ad essere una vera e propria guida per comprendere i mali del funzionamento del sistema economico italiano: “I sette peccati capitali dell’economia italiana“, pubblicato nel Febbraio 2018.

Andiamo a scoprire insieme questi 7 peccati capitali dell’economia italiana. Per Cottarelli, le problematiche che colpiscono l’intero sistema economico italiano sono proprio 7, esattamente come i vizi e le virtù. I peccati di cui da decenni si macchia la nostra economia sono dunque l‘evasione fiscale, la sempre più presente corruzione, la serrata burocrazia, il crollo demografico, i lunghi tempi della giustizia, il divario di sviluppo tra il Nord ed il Sud e l’incapacità di comprendere i vincoli economici europei riguardanti l’entrata nell’euro. Possiamo definire i primi 6 di carattere strutturale in quanto impattano fortemente sulla crescita del PIL, mentre il settimo è relativo alla difficoltà dell’Italia a convivere con l’euro.
Inoltre, osservando il reddito in termini di potere d’acquisto italiano, possiamo notare come questo non sia in crescita da circa 20 anni. Si può dunque affermare che si tratta del primo ventennio dall’Unità d’Italia in cui il reddito non sia in crescita. Confrontandoci anche con quelle che sono le altre realtà all’interno del contesto Europeo si può notare come la nostra Nazione non stia riuscendo a superare questa crisi.

I 7 peccati:

  1. EVASIONE FISCALE
    La problematica legata al fenomeno dell’evasione fiscale in Italia fa perdere allo Stato circa 130 mld di Euro ogni anno, avendo un impatto molto forte sull’economia e sui conti dello Stato e andando a minare i meccanismi di concorrenza in quanto a vincere non sempre sono le imprese migliori ma quelle che evadono. Per sottolineare la rilevanza di questo dato è importante sapere che tutta la spesa inerente all’istruzione è di 65 mld di euro. Un forte recupero dell’evasione fiscale porterebbe a recuperare fino a 150 miliardi di euro l’anno, con i quali si potrebbero abbassare le tasse e ridurre il debito pubblico.
  2. CORRUZIONE
    La Corruzione ci pone indietro rispetto non tanto ai paesi dell’est europa quanto a paesi trainanti come Germania, Francia e Regno Unito. Nonostante ci sia una differenza in termini statistici tra la percezione del fenomeno da parte dei cittadini e la reale esperienza.
  3. BUROCRAZIA
    Ad oggi la burocrazia italiana risulta essere un disincentivo per l’avvio delle attività imprenditoriali in quanto ne allunga i tempi e comporta costi elevati (riempire moduli costa all’incirca alle piccole medie imprese 35 mld di euro). Tutto ciò comporta il susseguirsi delle problematiche riguardanti l’evasione e la corruzione, in quanto queste trionfano in sistemi altamente complessi.
  4. LENTEZZA DELLA GIUSTIZIA CIVILE
    In media la durata di un processo in Italia è di 7 anni e 7 mesi, il che comporta un disincentivo per l’avvio delle attività imprenditoriali.
  5. CROLLO DEMOGRAFICO
    Il crollo demografico, a differenza dei primi 4 peccati che hanno a che fare con l’interazione tra cittadini, imprese e stato, è dovuto non tanto agli andamenti economici quanto al cambiamento dei valori socio-culturali. Alla fine degli anni ’60 in Italia nascevano quasi un milione di bambini; i dati sulle nascite risalenti all’anno scorso invece confermano la nascita di 449mila bambini. Ciò ha un forte impatto sull’economia in ottica futura, poiché significherà meno forza lavoro e di conseguenza una minore crescita produttiva.
  6. IL DIVARIO TRA IL SUD ED IL RESTO DEL PAESE
    Attualmente il reddito pro-capite del Sud è attorno al 50% rispetto a quello del Nord; vien da sé dunque che per motivi aritmetici abbassa la media nazionale. Infatti se il Sud avesse il reddito medio del Centro-Nord, nel complesso come Italia avremmo lo stesso reddito pro-capite della Francia.
  7. DIFFICOLTA’ A CONVIVERE CON L’EURO
    La difficoltà di condividere la moneta con la Germania sta nel fatto che l’economia tedesca si basa su grandi imprese, al contrario del contesto italiano caratterizzato da piccole e medie imprese. In passato l’Italia, come altri paesi, utilizzava lo strumento della svalutazione della lira rispetto al marco tedesco per spingere sulle esportazioni. Oggi questo non è più possibile in quanto la sovranità monetaria è stata ceduta ad un livello sovra-nazionale. Alcuni studiosi propongono, come soluzione al problema della difficoltà italiana a convivere nell’area Euro, di uscire dalla moneta unica. Però: un primo ostacolo sarebbe di carattere tecnico relativo al sistema dei pagamenti, i quali per essere riscritti avrebbero bisogno di interazione con le banche o comunque una pubblicità che potrebbe intaccare, in termini speculatori, l’economia del paese. Un altro problema nel ritorno alla Lira starebbe nello stesso meccanismo di svalutazione della moneta: innanzitutto si avrebbe un aggravio della posizione debitoria dello stato e dei cittadini che hanno contratto debiti con l’Euro. Inoltre, svalutando la nuova lira, aumenterebbero gli incassi delle imprese esportatrici e quindi ci sarebbe una maggiore disponibilità di capitali da investire. Tuttavia ciò sarebbe possibile solo se i salari non si adeguassero a questo aumento di capitali; se così fosse il potere d’acquisto scenderebbe poiché la merce importata avrebbe evidentemente un prezzo maggiore. Infine, se questa fosse la dinamica, è evidente che nessuno investirebbe sulla lira come moneta; al contrario, gli investitori deciderebbero di vendere le loro lire, che rischiano di perdere valore ogni sei mesi e acquisterebbero euro che invece, al di la di tutto, ha dimostrato di essere una moneta forte e stabile.

Nonostante dunque siano evidenti le difficoltà economiche dell’Italia e della sua convivenza nell’area Euro, possiamo immaginare che, risolvendo anche soltanto alcune delle gravi questioni qui esaminate attraverso le riforme strutturali delle quali si parla anche in questo libro, l’Italia riuscirebbe a uscire dall’impasse.

Il nostro ospite ci lascia con una riflessione:
Come non bastano le antiche glorie a darci la grandezza presente, così non bastano i presenti difetti a toglierci la grandezza futura, se sappiamo volere, se vogliamo sinceramente rinnovarci
(Piero Gobetti)

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Laura Figus

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