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Crescita e sviluppo aziendale nel b2b: intervista a Massimo Lorini – Direttore Servizi Generali ASO Group

Intervista a cura di Tiziana Balbi, Riccardo Bandera, Giulia Conigliaro, Davide Damiano e Andrea Guglielmetti – Master in Risorse Umane 2016-2017

«Come il modello di business B2B si articola e cresce in azienda. Come la strategia vincente si sposa con una precisa e adeguata gestione delle Risorse Umane. Un cambiamento proficuo e fruttifero, seppur nella crisi generale della siderurgia, che ha coinvolto negli anni la ASO Group di Ospitaletto, in provincia di Brescia, produttrice di lingotti di acciai speciali: ne parliamo col Dott. Massimo Lorini, in azienda dal 1990 e dal gennaio 2013 Direttore dei servizi generali. A Massimo fanno capo, oltreché le Risorse umane, l’area IT, l’ambiente e sicurezza, gli acquisti e la manutenzione. Svolge inoltre la funzione di Datore di Lavoro per i dipendenti ai sensi del D. Lgs 81/2008. Anche oggi come una volta impiega passione e dedizione abbracciando la vision della società, una società con 4 unità giuridiche, 3 grossi business (acciaieria, forgia, barra cromata) che oggi conta 850 dipendenti di cui 240 sulla “linea a caldo” e 610 sulla “linea a freddo”».


Chi è ASO e quale business lo connota?

ASO è un’azienda che ha circa 40 anni fondata dal Dott. Aldo Artioli (padre dell’attuale Presidente Paola Artioli) e la gestione è stata tendenzialmente familiare/patronale fino agli anni 2000. Dopo il passaggio generazionale alle tre figlie del fondatore, che oggi compongono la vera governance aziendale e detengono la proprietà. Questo passaggio è importante perché vi è stata una transizione da azienda familiare ad azienda con un imprinting manageriale. Essendo in azienda dal 1990 ho avuto la fortuna di vivere questo passaggio. Fino al 2010 il business produttivo era principalmente indirizzato alla produzione di acciai, con la particolarità di essere acciai speciali: essi trovano sbocchi in industrie particolari come aeronautica (i carrelli della BOEING nascono, per la maggior parte, da acciai prodotti dalla ASO), petrolchimico, eolico. Ciò che ci differenzia nel mondo della siderurgia è il rappresentare una nicchia, e ciò ci rende ancora oggi competitivi e conosciuti, capaci di pianificare importanti investimenti. Gli acciai speciali, infatti, non vanno associati al classico tondino, ma sono specifici in base alla commessa del cliente. Nel corso degli anni abbiamo implementato l’istallazione di forni particolari come l’ESR (forni di raffinazione) e l’impianto VAR col quale pratichiamo delle rifusioni dell’acciaio, per renderlo ancora più purificato.

Una prima svolta importante l’abbiamo tra il 2009 e il 2010 quando, in piena crisi siderurgica, decidiamo di costruire una forgia a Castegnato, a 3 km dalla sede di Ospitaletto. Siccome i nostri clienti sono per la maggior parte forgiatori una mossa di questo tipo poteva essere interpretata come concorrenza sleale. Invece noi ci limitiamo a lavorare ulteriormente i lingotti che il cliente ci chiede, e gli consegniamo una barra che lui potrà ulteriormente lavorare. Sottolineo l’importanza di avere sia l’acciaieria che la forgia, e a poca distanza l’una dall’altra, che permette grandi risparmi.

Sempre in tempi non sospetti veniamo a sapere che a Verona stanno dismettendo un impianto composto da acciaieria e forgia. Così decidiamo di entrarvi e di acquisirla attraverso una procedura fallimentare. La società veronese comprendeva 120 dipendenti con una acciaieria di acciaio inossidabile, che a noi mancava, una piccola forgia e un impianto di produzione di barre cromate. Dopo un anno di coabitazione, decidiamo di trasferire ad Ospitaletto l’impianto AOD per la produzione dell’acciaio inossidabile, avendo già spazio e maestranze necessarie. Successivamente abbiamo trasferito ulteriori operai da Verona ad Ospitaletto, anche per tenere vicino a noi determinate conoscenze.

L’anno successivo trasferiamo determinati macchinari della forgia di Verona in quella appena costruita a Castegnato, anche qui accompagnando con un trasferimento di 13/15 persone. A Verona rimaneva solo la parte di produzione delle barre cromate e si pensava sarebbe restato un business secondario. Invece nel 2013 acquisiamo da un imprenditore toscano una grande azienda in Romania – a Targoviste – che produceva barre cromate, simile quindi a quella veronese. Fu un investimento significativo, con un’azienda di 500 persone. Dopo un breve periodo di accompagnamento, decidiamo di acquisire l’azienda.  L’acquisizione è stata inizialmente gestita a Ospitaletto ma l’evoluzione ha fatto sì che – oltre al coordinamento principale tenuto dal CDA- abbiamo selezionato alcuni manager italiani e rumeni per gestire e portare avanti questa azienda. Essa rappresenta – insieme all’azienda veronese – la nostra seconda linea di business. Infatti usiamo definire “linea calda” la nostra acciaieria (Ospitaletto) con il flusso verso forgia (Castegnato) e l’hp (l’idraulico e pneumatico) “linea fredda” che invece è Verona e Targoviste. Un unico CDA della famiglia Artioli con due amministratori delegati per le due rispettive divisioni.

Lo sviluppo e i cambiamenti aziendali hanno portato a nuove assunzioni di personali per le diverse mansioni richieste. Può chiarirci il punto di qualità da parte di ASO sulla selezione e formazione del personale amministrativo e di produzione? Cosa caratterizza inoltre la gestione delle Risorse Umane in ASO?

La vision aziendale vuole che in azienda impegno e costanza aiutino a far sì che le persone sentano il lavoro come proprio. Questo è fondamentale anche se non è semplice in quanto le persone per nostra fortuna sono una diversa dall’altra. Il nostro obiettivo punta a far in modo che il lavoratore percepisca l’azienda come propria attraverso un percorso di fidelizzazione. A ciò si lega un’attività di formazione e di coaching. Cerchiamo di condividere quanto più possibile con i nostri collaboratori quello che accade all’interno della vita aziendale.  A tale proposito l’anno prossimo implementeremo una newsletter utile non soltanto a fornire dati periodici ma anche comunicare i nostri achievements e curiosità sulla produzione dell’acciaio al fine di trasmettere un certo orgoglio in ciò che i lavoratori e l’azienda in generale fanno.

Per la selezione, ci appoggiamo ad apposite società, anche in base al target di personale che ricerchiamo. Non intendo normalmente delle agenzie di lavoro interinale, ma proprio società di selezione o società di lavoro interinale che hanno al loro interno una sezione – che normalmente chiamano “permanent” – che si occupa di selezione. La cosa che sottolineo e che reputo un buon serbatoio di selezione, in quanto i numeri ce lo consentono e in quanto sussiste ancora quel sottile filo di gestione familiare che ancora permea l’azienda, è la conoscenza: molto spesso io ho scelto persone che ci sono state presentate da qualcuno che già opera in azienda. Ciò può rappresentare un canale importante di selezione. Chiaramente, se nella risorsa richiediamo un particolare tecnicismo ci rivolgiamo ad una azienda che lo faccia di mestiere. Non facciamo inserzioni sulla stampa, almeno di prassi, perché si rischia di creare un’esagerata affluenza di domande, già alta a causa della crisi degli ultimi quattro/cinque anni.

 

Sul tema della comunicazione, come si rapporta con l’insieme dei collaboratori aziendali?

Formalmente è un continuo confronto con i responsabili. Tuttavia io tengo molto anche a degli incontri non formalizzati con tutti i dipendenti e l’essere vicino ai lavoratori. Quando arrivo in azienda cerco di fare spesso un giro nei vari reparti non per controllare se indossano il casco o i DPI (dispositivi di protezione individuale) bensì per fare una chiacchierata o un semplice saluto. Interloquisco con i lavoratori e questo è utile in quanto talvolta sorgono delle questioni che comunico e sono utili per l’ufficio del personale con il quale collaboro gomito a gomito.

 

La sua carriera si è svolta tutta in ASO oppure vi è giunto attraverso un particolare percorso?

Sì, tutta qui. A tale proposito forse può essere utile una parentesi: oggi quando interloquisco nell’Associazione Industriali Bresciani, con colleghi che svolgono le mie medesime funzioni lavorative, con incontri e conversazioni, noto che si caratterizzano quasi tutti per una formazione umanistica. Negli anni ’90 la funzione HR era prettamente svolta da ragionieri e avvocati, con un approccio tipicamente tecnico.

Oggi si parla più correttamente di “Ufficio Risorse Umane” e questo la dice lunga. Io provengo da una formazione tecnica – benché fossi stato iscritto all’Istituto Magistrale col sogno di fare il professore di italiano, anche se poi per una serie di vicissitudini mi sono trovato a fare ragioneria e ad iscrivermi a Economia e Commercio, (anche se intuivo che il mio futuro non poteva essere quello di ragioniere o commercialista). Quando sono arrivato in azienda serviva una persona da affiancare ad un collega che oggi è responsabile amministrativo per fare amministrazione e gestione paghe, come si diceva una volta. Ho notato il cambio di approccio che si è avuto negli ultimi anni, anzi, ho avuto la fortuna di cavalcare questo cambiamento non solo nella visione e nell’evoluzione delle risorse umane ma anche nell’evoluzione aziendale. Ho preso al volo questa possibilità, tant’è che poi non ho terminato gli studi, per dedicarmi totalmente all’azienda e per viverla in prima persona.

 

Contento di questa scelta?

Assolutamente sì, anche se un po’ di rammarico per non aver terminato economia c’è.

 

Cosa le piace di più del suo lavoro e cosa di meno?

Essere continuamente proattivo nei confronti della crescita e sviluppo aziendale, proporre, lanciare progetti per poi coglierne i frutti, essere un trascinatore di iniziative a 360°. Quando sento parlare della nostra azienda io so che un pezzo dell’ingranaggio sono anche io e questo mi dà enorme piacere. Non credo molto nel manager mercenario che viene fa il business per sé per poi andarsene. Tante delle nostre risorse, come il sottoscritto, sono cresciute qui. Quello che invece mi piace meno è il non riuscire talvolta a realizzare tutte le cose che metto sul tavolo per una serie di vicissitudini magari nemmeno imputabili al proprio operato.

 

A valle della sua esperienza professionale, che consiglio darebbe ai giovani che si affacciano al mondo HR?

Percepire il lavoro come missione, viverlo e portarlo con te. La professione deve piacere ed entusiasmare. È così che si accettano i sacrifici. Bisogna apprendere la capacità di essere grandi mediatori e di interfacciarsi con il CDA, con i freddi numeri, come avere quell’apertura ad interloquire con l’operaio che ha un problema, ha bisogno di un consiglio.

La professione è sicuramente un’attività che ti riempie a 360° pertanto conciliare vita e lavoro non è semplice: la famiglia non deve soffrirne e anche qui occorre una grande capacità di mediazione.

Inoltre gestire le Risorse Umane è un vero e proprio modo di essere.  A volte si sbaglia, occorre dire dei no, discutere e ahimè delle persone le abbiamo anche licenziate. Bisogna essere sempre integerrimi, seguire delle regole. Anzi, essere noi la regola, essere i garanti delle attività all’interno dell’azienda. Spesso quando altri responsabili di devono prendere una decisione su un lavoratore, che va dalla promozione, al licenziamento o alla contestazione, i tecnicismi spettano a loro ma la misura della sanzione o della promozione spetta a noi HR come garanti della coerenza aziendale. Qui si gioca un nostro fortissimo e indiscutibile ruolo.

 

Qual è la sfida più complessa che ha dovuto affrontare?

Credo le varie espansioni, scissioni e fusioni, soprattutto per uno come me che da sempre ha collaborato nell’azienda un tempo familiare poi divenuta manageriale.

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Davide Damiano

Davide Damiano

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