0

Esercizi di Storytelling al Master Scienziati in Azienda: Icaro

I partecipanti del Master Scienziati in Azienda hanno realizzato come esercizio di storytelling e public speaking un video e un articolo relativo ad un personaggio della mitologia greca attualizzato.

Il gruppo composto da Alessia Marra CampanaleFabiana PanebiancoBarbara Maria Rosaria PaganoLuisa PascarellaElisa Perazzolo ha lavorato sul mito di Icaro.

Ci sono storie che si ripetono nel corso dei secoli, storie che insegnano e che modificano il comportamento dell’uomo e storie che continuano a ripetersi. È così che i miti, nati secoli fa, si fanno portatori di una realtà senza tempo in cui si possono ritrovare regole pratiche per la condotta dell’uomo, che si rivelano vitali per la civiltà.

Nella mitologia greca si narra di Dedalo come un grande ingegnere, architetto, scultore ed inventore al servizio della civiltà cretese per cui costruì un intricato labirinto, dove il re Minosse vi rinchiuse il leggendario Minotauro. A seguito dell’uccisione del mostro per mano dell’ateniese Teseo, con l’aiuto di Arianna, il re Minosse riversò la sua ira sul genio di Dedalo, che aveva aiutato i due giovani ad uscire dal labirinto grazie allo stratagemma del filo. Decise di punirlo rinchiudendolo insieme a suo figlio Icaro all’interno dell’inestricabile struttura. Prigioniero, Dedalo pensò così di fuggire librandosi in cielo come gli uccelli. Realizzò con delle penne e della cera due paia di ali per lui e per Icaro, raccomandandosi di non volare troppo in alto. Il giovane una volta sospeso in aria, inebriato dalla sensazione di libertà del volo ed abbagliato dallo splendore del sole, vi si avvicinò incurante dei consigli del padre. I caldi raggi sciolsero la cera delle sue ali, facendolo precipitare in mare dove morì annegato.
Quanti Dedalo sono dovuti nascere per far uscire l’umanità dal labirinto? 
Dobbiamo dire grazie ai Sumeri per avere inventato la scrittura e rivolgere un pensiero ad Antonio Meucci tutte le volte che facciamo una telefonata ai nostri parenti lontani. Chissà se ci definiremmo viaggiatori del mondo se Karl Benz non avesse avuto la brillante idea di abbinare un motore ad un mezzo dotato di ruote. 
L’ingegno umano può essere definito come l’intelligenza applicata alla realtà, realtà che lo ha ispirato e spronato a migliorare se stesso e la civiltà. 
Cosa succede quando Icaro si avvicina troppo al sole, ovvero quando l’ingegno umano sfida le leggi della natura? Il sole diventa il nemico dell’uomo o è l’uomo ad essere il primo nemico di se stesso? L’uomo si sta spingendo oltre, ha perso di vista i suoi limiti o meglio li sta consapevolmente ignorando, rimanendo fermo nella convinzione che l’unico vero limite risieda nelle potenzialità dell’intelletto umano. Le conseguenze di ciò sono diventate visibili e drammatiche e la natura ha presentato il suo conto.

Le recenti alluvioni avvenute nel nord-ovest italiano negli ultimi anni, sono esempi lampanti di una natura che si riappropria degli spazi che le sono stati sottratti. Il territorio ligure è una delle zone a maggior rischio idrogeologico d’Italia; la sua morfologia prevede ripide montagne che finiscono direttamente in mare lasciando una stretta fascia costiera che costituisce appena il 5% della regione. Nel tempo quest’area è stata fortemente consumata a causa di una massiccia cementificazione, che rende la popolazione esposta a tutti i pericoli che un suolo così fragile comporta. Per poter sfruttare al meglio l’impervio ed esiguo spazio disponibile, l’uomo ha apportato ingenti modifiche morfologiche al territorio, sottovalutando il delicato assetto idrogeologico: l’area della città di Genova è stata negli anni spogliata, terrazzata e coltivata, i tratti fluviali deviati, interrati e prosciugati per permettere l’espansione delle zone edificabili. 
Il 4 Novembre 2011, in sole 13 ore è caduto 1/3 della quantità di pioggia che normalmente cade in un anno sul capoluogo ligure, con picchi di 181mm in un’ora, che ha provocato l’esondazione dei torrenti Bisagno e Fereggiano impossibilitati a sfogare la piena a causa di sotterramenti ed opere che ne hanno alterato il naturale corso. La furia dell’acqua ha spazzato via tutto ciò che incontrava lungo il percorso, provocando 6 vittime, di cui metà sono bambini. 
Prima del 4 Novembre, Genova è stata colpita da altre 15 alluvioni disastrose, la prima documentata nel 1822 e la più critica nel 1970 nella quale morirono 44 persone in sole 24 ore.

Il denominatore comune di queste alluvioni è individuabile nell’esondazione del Bisagno e dei suoi affluenti minori, torrente che, in epoca pre-romana, presentava un letto 4 volte più largo e profondo rispetto ad oggi. 
Il costo dell’ultima alluvione è stato altissimo (100 milioni di euro di danni), così come altissime sono state le spese totali stanziate a partire dal dopoguerra per le emergenze (213 miliardi). 
Le ingenti risorse, oltre a riparare i danni, vengono purtroppo utilizzate per realizzare nuovi tombamenti fluviali, impermeabilizzazioni del suolo e altre cementificazioni in luoghi non idonei. Il ripetersi di eventi disastrosi prova come i fondi siano utilizzati per rattoppare e ricostruire ciò che è stato distrutto, piuttosto che andare a lavorare sulla prevenzione del rischio, su una più corretta pianificazione ambientale e territoriale e quindi affrontare le reali cause umane del disastro. 
L’alluvione di Genova è solo uno dei tanti tristi esempi in cui intere città sono spazzate via dalla potenza della natura.
Sembra che Icaro non si sia scottato abbastanza e continui quotidianamente a sfidare il sole; ma cosa porta l’uomo così vicino ad un rischio certo? 
Sicuramente non è solo la voglia di spingersi oltre i limiti, ma c’è un’altra forza che lo muove: il denaro; si costruisce in zone ad alto rischio idrogeologico, si trivellano mari e deserti per estrarre petrolio, di disboscano le foreste, polmoni della terra, per aumentare gli spazi edificabili. Tutto questo tralasciando delle semplici regole di buonsenso per dare spazio al solo ed unico interesse economico che da sempre ipnotizza l’uomo e lo porta, come in questo caso, ad incarnare la figura di Icaro che finì, incurante dei rischi, col precipitare in mare. 
Dunque, se anziché spingersi così oltre i suoi limiti fosse riuscito a volgere a proprio favore le potenzialità della natura, Icaro, volerebbe ancora nei cieli infiniti del mondo?

Facebooktwittergoogle_pluspinterestlinkedintumblrFacebooktwittergoogle_pluspinterestlinkedintumblr
Alessia Marra Campanale

Alessia Marra Campanale

Lascia un commento