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Industria 4.0: impatti sul lavoro

A cura di: Germana Barlocco, Daniele Deotto, Bruno Sereno, Debora Sinatra e Valentina Penzani – Master in Risorse Umane e Organizzazione 2015-2016

Negli ambienti industriali si stanno attualmente tracciando le premesse per l’avvento di una nuova epoca, infatti a partire dal 2011 il termine “Industria 4.0” entra nel lessico socio-economico. Tuttavia è solamente a partire dal 2013 che tale concetto trova una concreta attuazione, quando la Germania lancia per prima l’iniziativa Industry 4.0: l’obiettivo è quello di avviare e promuovere la cosiddetta “quarta rivoluzione industriale”. Oggi, si parla di Internet of Things (IoT) per descrivere questa fase di trasformazione dei processi industriali; nello specifico, Industria 4.0 è l’applicazione dell’IoT alla produzione. La possibilità di dotare tutti i macchinari di sensori, renderà possibile integrare in un sistema Cyberg Fisico l’intera filiera produttiva rendendola così maggiormente flessibile ed efficiente; l’automatizzazione condurrà, quindi, all’evoluzione di un modello economico sempre più aperto, consentendo da un lato, il miglioramento dell’economia e dall’altro, favorendo la crescita industriale. E’ necessario considerare che l’industria 4.0 grazie al digitale, avrà la possibilità di conoscere e recepire tutte le informazioni in tempo reale (Big Data) e ciò richiederà all’uomo la capacità di saper gestire la complessità delle informazioni.

La rivoluzione generata dalla fabbrica intelligente coinvolgerà in primis anche il “capitale umano”, che si vedrà trasformato nelle competenze possedute e arricchito di nuove skills: contrariamente a quanto si possa pensare – nell’Industry 4.0 diventeranno sempre più complesse e il tasso di responsabilità del lavoratore diventerà sempre più ampio. Perderanno importanza le competenze e le abilità tecniche specifiche (hard skills), a favore invece di competenze più trasversali. Si assisterà al passaggio da un sapere specifico e settoriale a un sapere più generico, trasmissibile tramite internet e ingegnerizzabile grazie alla traduzione del lavoro digitale: protagonista infatti in questo nuovo modello di produzione sarà la conoscenza umana nel senso più ampio del termine e non più l’uomo e la sua forza fisiche. Non si cerca di individuare profili professionali precisi e ben definiti, bensì idealtipi: è difficile delineare le caratteristiche tecniche e professionali del lavoratore dell’industria del futuro, ma punto fermo sarà costituito sicuramente dalle e-skills. Con la rivoluzione 4.0 si modifica anche il rapporto tra formazione e impresa: sarà necessario conciliare il sapere accademico con la pratica del “learning by doing” integrando così il mondo della scuola, dell’università, della formazione e quello dell’impresa. Tale sinergia contribuirà a rispondere alla maggiore richiesta di elevati livelli di competenze ricercate dalle fabbriche del futuro. Al lavoratore della fabbrica del futuro sarà richiesta la capacità di gestire la molteplicità d’informazioni generate dalla linea di produzione: tutte le decisioni, dovranno essere prese in tempo reale e sulla base di informazioni dettagliate. Occorre, quindi, che il lavoratore trovi e faccia proprie, nuove opportunità per massimizzare la produttività, l’efficienza e la flessibilità delle risorse, velocizzando i processi di decision making e problem solving.

La trasformazione digitale introduce significativi cambiamenti anche nella società, tant’è che si parla di società 4.0, caratterizzata in primis dalla caduta dei limiti spazio-temporali del lavoro. Il tempo dedicato al lavoro non sarà più considerato allora come periodo sottratto alla quotidianità e alla vita privata, ma come uno degli elementi che ogni singolo individuo utilizzerà per organizzare la propria giornata; in questo modo sarà superata la dicotomia “Vivere per lavorare. Lavorare per vivere”.  Andrà così a scomparire il concetto di work life balance. L’industria 4.0 arriverà anche negli uffici direzionali e in particolar modo in quelli delle risorse umane? Certo è che se l’Industry 4.0 vedrà la presenza dei robot – i quali andranno a sostituire il lavoratore manuale – non è detto che sarà necessario ridurre i funzionari addetti al settore HR: al lavoratore sarà delegato un lavoro di monitoraggio e di controllo dei sistemi, cambieranno le sue mansioni, la tipologia di lavoro ma non scomparirà. E’ difficile anche credere che nella smart factory del futuro subentrerà definitivamente l’intelligenza artificiale a tutte le mansioni in ambito HR, in grado di stabilire responsabilità e compiti di ogni lavoratore, regolando e definendo le funzioni e posizioni di ogni attività lavorativa al fine di raggiungere nel modo migliore gli obiettivi individuati dall’azienda.

Allo stato attuale è difficile pensare ad uno sviluppo in questa direzione, soprattutto bisogna tenere in considerazione che nel nuovo mercato la competizione sarà fatta dalle competenze dei lavoratori. Per questo motivo il ruolo giocato dalle risorse umane ha ancora una valenza centrale. Inoltre, tutte le capacità HR che rientrano nell’ambito emotivo, relazionale, intellettuale e di problem solving, sono difficilmente sostituibili – almeno per ora – da robot. In tale ottica avrà ancora un ruolo fondamentale la funzione HR.

Se quindi allo stato attuale sembra difficile una totale sostituzione della funzione HR ad opera di queste nuove tecnologie, è comunque auspicabile che queste possano fornire nuovi mezzi e soluzioni per gli attuali e futuri funzionari Hr.

Progetto completo “Industria 4.0: impatti sul lavoro”

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Germana Barlocco

Germana Barlocco

Partecipante Master in Risorse Umane e Organizzazione 2015-2016

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